La disciplina whistleblowing è ora estesa alle imprese da 50 a 249 dipendenti. Uno strumento di compliance aziendale con lo scopo di segnalare illeciti sul luogo di lavoro, in modo riservato e protetto. La disciplina desidera garantire la libertà di espressione e d’informazione, contrastando e prevenendo la corruzione e cattiva amministrazione nel settore pubblico e privato.
Le aziende hanno dovuto istituire un canale digitale interno, per raccogliere denunce e documentazione di chi segnala, assicurando riservatezza sull’identità del segnalante stesso. In caso di mancato riscontro sulla segnalazione o in caso in cui il segnalante sia convinto che la segnalazione possa presentare rischi come la ritorsione, o, ancora quando si pensa che l’illecito possa costituire un pericolo per l’interesse pubblico, la segnalazione può essere trasmessa all’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione).
All’ANAC si ricorre quindi solo in un secondo momento. L’Autorità raccoglie la segnalazione, verifica e, se necessario, interviene.
In base al decreto n.24/2023, art.21, sono previste sanzioni da 10mila a 50mila euro quando non sono stati istituiti canali di segnalazione.
I whistleblower, nel pubblico e ora anche nel privato, che segnalano illeciti o illegalità di interesse generale di cui siano venuti a conoscenza sul luogo di lavoro, stanno conquistando spazio anche nel nostro paese. (Busia, Presidente ANAC)
Dove non si riscontrano comportamenti ritorsivi, la protezione del segnalante viene meno. Questo perchè la verifica dell’ANAC è finalizzata a verificare se l’azienda abbia adottato misure punitive nei confronti del whistleblower, e se la segnalazione stessa fosse finalizzata alla creazione di un alibi o scudo rispetto a sanzioni imminenti.
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